Piemonte da gustare: i 4 piatti tipici piemontesi preferiti di Dire Fare Mole

Italia alias il Belpaese. Ma oserei dire che anche Buonpaese sarebbe un appellativo azzeccatissimo: abbiamo la migliore tradizione culinaria al mondo e ne dobbiamo essere orgogliosi. E come potrete facilmente intuire, la cucina piemontese è una delle mie preferite (sottolineo però che non disdegno nessuna cucina regionale, anzi datemi un pezzo di focaccia di Recco, un arancino o arancina, i tortelli alla zucca come li faceva la mia nonna ferrarese e solleverò il mondo, oltre che la forchetta!). Perché in Piemonte ci sono nata e ci vivo, per l’enorme varietà delle sue ricette e per i suoi gusti rustici, decisi, che ci portano ora sulla tavola dei Re e dei nobili, con la Finanziera tanto amata da Cavour, ora nelle campagne di Langhe, Roero e Monferrato, con le merende sinoire corroboranti a base di acciughe al verde, tomini, salami.

Adesso vi faccio venire un po’ di acquolina in bocca – mi perdonino coloro che sono in piena dieta post natalizia, io ci ho già rinunciato in partenza – e vi svelo quali sono i piatti piemontesi a cui non so dire di no. Poi mi dite i vostri, vero?

Fritto Misto alla Piemontese

Di recente mi sono ritrovata a dover spiegare a dei non piemontesi cosa ci fosse in un Fritto Misto alla Piemontese. La mia prima risposta è stata “Tutto”, ma il dovere di analiticità mi ha poi fatto aggiungere: fegato, cervella, polmone, salsiccia, animelle, rane, lumache, verdure, semolino dolce, amaretto, mela, pesca, bacio di dama, pavesino. Ebbene sì, il Fritto Misto è davvero l’emblema del miscuglio, un connubio fra dolce e salato che di primo acchito suona strano e all’assaggio fa innamorare. O almeno, ha fatto innamorare me! Esempio di cucina del recupero di una volta, quando le massaie di campagna prendevano gli avanzi dei pasti e li friggevano insieme senza troppi complimenti, il Fritto Misto è una delizia pantagruelica – o bomba calorica che dir si voglia – da assaporare una tantum, pena brodino e petto di pollo scondito per una settimana di seguito.

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Ristorante Centro, Cercenasco (TO)

Vitello Tonnato

Noi piemontesi sappiamo come iniziare un pasto. La nostra tradizione gastronomica vanta un numero di antipasti invidiabile e corposo, una sfilata di saporite meraviglie che finger food levati, ne’! Il sovrano di questa corte è lui, il Vitello Tonnato o Vitel Tonné. Presente sulle tavole delle ricorrenze e festività, il Vitello Tonnato si prepara con il girello di fassone marinato nel vino bianco, tagliato a fettine sottili ed irrorato di una voluttuosa salsa detta tonnata che manda le mie papille letteralmente in estasi. La salsa del Vitello Tonnato ha subìto alcune variazioni nei secoli: la ricetta originaria del 1700 non prevedeva l’utilizzo del tonno bensì solo l’impiego di capperi e acciughe. Il tonno compare per la prima volta nel volume Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891) del celebre cuoco Pellegrino Artusi che lo citava insieme ad acciughe, limone, olio e capperi nell’elenco degli ingredienti per la salsa. Quindi perché Tonné? Per l’assonanza con il termine francese “tanné”, traducibile con “conciato”. Che sia Vitello Tonnato o Vitello Conciato, poco importa: il suo sapore è comunque da dieci e lode!

vitello tonnato
Ristoro del Priore, Torino

Insalata Russa

Nella sfilata di antipasti di cui vi parlavo sopra, ce n’è uno che spicca per bontà, delicatezza e colore. Sto parlando dell’Insalata Russa, altro piatto che inserisco nel mio personale Olimpo della gola. Sulla nascita dell’Insalata Russa si sono spesi fiumi di inchiostro; c’è chi dice che sia di origine francese, chi lombarda, chi ligure, chi piemontese, inventata da un cuoco di casa Savoia verso il 1800. La verità storica non la conosciamo, sta di fatto che questo delizioso mix di verdurine a cubetti avvolte da una cremosa maionese – fatta rigorosamente in casa, no tubetto please – è un must di ogni gastronomia e ristorante sabaudo che si rispetti. Una domanda sorge spontanea: perché dunque Insalata Russa, se i russi non c’entrano nulla? Pare che l’attributo in questione indichi il servizio alla russa, ovvero  un pasto in cui tutte le portate venivano servite insieme sulla tavola. Nel dubbio, continuiamo a mangiarla e ad apprezzarla così com’è, bella e variopinta.

insalata russa
Enoteca 325, Rivoli (TO)

Plin

Quando il cuoco del nostro matrimonio ci ha chiesto che primi volevamo inserire nel menù del ricevimento, senza ascoltare la risposta del povero #direfaremarito (ai tempi ancora #direfarefidanzato) ho gridato con euforia: i Plin! Da brava pastaiola – essendo per metà emiliana, non potevo che venerare la pasta in ogni sua forma e declinazione – ho un vera adorazione per il primo piemontese per antonomasia. Gli Agnolotti o Ravioli del Plin devono il loro curioso nome al pizzicotto che viene dato alla pasta per racchiudere il ripieno, stretto in una sfoglia sottile. Nominati nel 1846 dal noto cuoco torinese Francesco Chapusot, anche questa pasta fresca affonda la sua origine nella cosiddetta cucina del recupero, in quanto il ripieno, prevalentemente composto da carne mista a verdure, derivava da un impasto di cibo avanzato dai pasti precedenti. I Plin si diffusero dapprima nelle zone di Langhe e Monferrato e in seguito nel resto del Piemonte, mantenendo intatta la loro identità rurale, esaltata da condimenti decisi quali il sugo d’arrosto o il ragù.

plin
Ristorante Corte dei Civalieri, Quattordio (AL)

E i dolci? Leggete qui!

P.S.: i ristoranti citati nelle didascalie delle foto sono stati tutti provati dalla sottoscritta ed approvati. Se volete degustare l’ autentica cucina piemontese, ora sapete dove andare!

[photo credits: Dire Fare Mole]

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