Dopo anni di assidua frequentazione pensavo di poter affermare, con spavalderia e malcelato orgoglio piemunteis, di conoscere la Langhe come le mie tasche. Mi sbagliavo: non si possono mai conoscere le Langhe fino in fondo perchè ad ogni curva, angolo, crinale, ti puoi imbattere in qualcosa di sorprendente, di nuovo ma di antico.
Oggi vi porto con me in 5 luoghi perfetti per i vostri fuori porta primaverili a base di colline, colori, vini e plin, tutti da vedere e amare. Sono certa che anche voi diventerete dipendenti dal Langa Factor!

La Cappella del Barolo a La Morra: Langhe in Technicolor
La cappella del Barolo è una pennellata di arcobaleno inaspettato in mezzo alle colline che accarezzano La Morra. Tanto colore improvviso in un contesto come quello delle Langhe, fatto di tinte naturali e calde, può spiazzare o incantare: io appartengo senza esitazione alcuna alla categoria degli incantati. Poche curve – abbastanza strette – separano la Strada Provinciale 3 da Località Fontanazza, dove si erge il piccolo edificio caleidoscopico. Nota anche con l’appellativo di cappella delle Brunate, venne costruita nel 1914 come riparo dalle intemperie per chi lavorava nelle vigne e mai consacrata. E no, non nacque vestita di questi colori.
Nel 1970, la famiglia Ceretto dell’omonima azienda vitivinicola la acquistò insieme ai vigneti intorno e circa trent’anni dopo affidò agli artisti Solomon detto Sol LeWitt, statunitense noto per i Wall Drawings, e il britannico David Tremlett la sua rinascita. Era il 1999: LeWitt si occupò dell’esterno, Tremlett degli interni. Il resto è variopinta storia. La cappella del Barolo ha una “sorella” nel vicino Monferrato, opera di Tremlett; è la chiesetta della Beata Vergine del Carmine a Coazzolo, fra i vigneti del Moscato. Scommettete che sarà la mia prossima meta?
Sosta Gourmet: imperdibile il vitello tonnato de l’Osteria Veglio, immersa nelle vigne alle pendici dell’abitato di La Morra, frazione Annunziata.

WiMu e Museo dei Cavatappi: il Barolo della marchesa Giulia
Dici Barolo e dici storia del vino. Dici Barolo e dici Giulia Colbert, che acquisì il titolo di marchesa di Barolo nel 1806 sposando il nobiluomo torinese Carlo Tancredi Falletti. Giulia, nata in Vandea, visse fra palazzo Barolo a Torino e le Langhe lasciando la sua impronta nobile, di lignaggio certo ma soprattutto d’animo; si occupò con dedizione sia alle opere assistenziali – cercando in particolare di migliorare le condizioni delle donne carcerate – che al sostegno di un’attività più “profana” ma di enorme rilievo nell’economia piemontese: la produzione di vino, nello specifico del Barolo, vinificato nella cantina del castello Falletti. A Barolo, Giulia amava passare lunghe giornate all’interno dell’edificio di proprietà del marito, dialogando con personalità illustri e menti brillanti come Silvio Pellico. Il patriota saluzzese non fu solo ospite dei marchesi. Lavorò infatti presso la loro biblioteca personale in qualità di bibliotecario per oltre vent’anni.
Il paese che diede i natali a quello che viene considerato il re dei vini piemontesi ha la particolarità di trovarsi nel fondovalle, a differenza degli altri borghi langaroli quasi tutti edificati sulle sommità dei colli o dei crinali. Un’altra nota curiosa è la presenza nel suo territorio di ben due musei, entrambi legati al mondo dell’enologia. Sono il WiMu (piazza Falletti), innovativo percorso esperienziale alla scoperta del vino situato nel castello Falletti dal 2010, e l’insolito Museo dei Cavatappi (piazza Castello 3) dove potrete ammirare circa 500 esemplari di cavatappi provenienti da tutto il mondo realizzati a partire dal 1600.
Sosta Gourmet: degustate un calice di Barolo fra tradizione ed innovazione. Prima, un brindisi alla storia presso l’Enoteca Regionale del Barolo, posta nei locali dell’antica cantina del castello Falletti. Poi, poco lontano dal nucleo storico, concedetevi una visita a L”Astemia Pentita, eccentrica cantina con arredi pop e di design.
Le Rocche dei Sette Fratelli: Treiso fra leggenda e (prei)storia
“Da quella piazzetta si domina un po’ di Langa a sinistra e a destra le colline dell’Oltre Tanaro dopo le quali c’è la pianura in fondo a cui sta la grande città di Torino. I vapori del mattino si alzavano adagio e le colline apparivano come se si togliesse loro un vestito da sotto in su.” Così Beppe Fenoglio descrive il centro della cittadina di Treiso, parte della Langa del Barbaresco, nel suo romanzo L’Andata, in cui racconta il periodo delle lotte partigiane come nella gran parte delle sue opere. Treiso, insieme ai comuni vicini, fu effettivo teatro di quelle vicende storiche e ne serba fieramente il ricordo.
Allontaniamoci ora di pochi chilometri dalla piazza del centro storico dirigendoci verso Borgata Meruzzano, dove ci attende uno spettacolo da vertigine (non esagero, se soffrite di vertigini vi sconsiglio l’esperienza e vi suggerisco di limitarvi ad una rassicurante passeggiata in mezzo alle vigne!). Uno spiazzo ed un parapetto vi indicheranno che laggiù, sotto di voi, si apre una voragine nel terreno di quasi 9 ettari che ha del primordiale e del mistico e che prende il suo nome da un’antica leggenda locale. Siete al cospetto delle Rocche dei Sette Fratelli, anfiteatro generato dall’erosione millenaria che ha operato l’acqua su questo terreno marnoso di origine marina – già, sapevate che le Langhe miliardi di anni erano ricoperte dal mare? – e meraviglia naturale riservata ai forti di cuore. Come la fanciulla protagonista della leggenda di cui sopra, sorella di quei malvagi sette fratelli inghiottiti da una voragine improvvisa, eterno simbolo della loro esemplare punizione divina.
Sosta Gourmet: un piatto di deliziosi plin da degustare con lentezza vi attendono sulla terrazza del ristorante Profumo DiVino, nella piazza principale di Treiso.

Il borgo di Monchiero e il pittore Eso Peluzzi: le colline come una tavolozza
Monchiero fa capolino dalla sommità di un bricco come tanto piace ai borghi di Langa, e ti scruta da lassù cercando di capire se aprirti le braccia o allontanarti con la complicità del vento. Le cose belle e preziose, si sa, vanno conquistate, e questo paesino abbarbicato fra Monforte e Dogliani racchiude una storia inaspettata che ha inizio nella vicina Liguria e approda nelle Langhe, passando per Torino. È la storia di Eso Peluzzi, pittore della corrente dei Divisionisti, nato nel 1894 a Cairo Montenotte, in provincia di Savona.
Peluzzi amava ritrarre paesaggi e, dopo gli studi in Accademia delle Belle Arti a Torino, elesse Monchiero suo luogo di ispirazione insieme al nipote Claudio Bonichi, dando vita ad una visione pittorica detta nuova metafisica. Qui prese casa nel 1948 e qui visse per molti anni, fino alla sua morte che avvenne alla ragguardevole età di 90 anni nel 1985. Monchiero è a tutti gli effetti un museo diffuso dedicato al pittore: molte le opere visibili conservate nei più importanti edifici del paese, come la chiesa parrocchiale della Beata Vergine del Rosario e l’ex Ricovero dei Pellegrini, diventato in seguito a recente ristrutturazione un Art Living Hotel con il nome di Antico Borgo Monchiero.
Sosta Gourmet: lungo la strada che collega Monchiero a Monforte, fate una – lunga – pausa golosa da Ca’ Brusà, agriturismo (con menù degustazione a prezzo fisso) e cantina.
La Torre di Barbaresco: sali, bevi, ama
Per chi non teme l’altezza. Per chi vuole sentirsi “re di Langa” scrutandola come un antico guerriero medievale, armato non di spada o lancia bensì di un calice di vino. Per chi pensa che storia ed enogastronomia vadano a braccetto. Bene, questa è la tappa d’obbligo: la torre di Barbaresco, ovviamente a Barbaresco (via Torino 67). Non faticherete a trovarla. Questa torre medievale, edificata nell’XI secolo per contrastare le invasioni dei Saraceni, si erge con composta imponenza nel centro storico del comune, dominando non solo il minuscolo borgo che dà il nome ad un vino ed ad una intera zona di produzione ma anche i territori circostanti; proprio per questo, in passato fu oggetto di aspre contese e battaglie per il suo possesso fra le potenti città di Alba ed Asti.
Volete vedere con i vostri occhi? Allora preparatevi a salire. Un ascensore panoramico con fondo trasparente vi condurrà a 13 metri di altezza, dove varcherete l’ingresso della biglietteria passando sopra una passerella sospesa di vetro e acciaio, e ancora salirete. Davanti a voi tre livelli di visita, il primo dedicato alla storia del vino omonimo, il secondo cornice della suggestiva Sala di Analisi Sensoriale, ed il terzo, il più vertiginosamente bello, la terrazza posta a 36 metri di dislivello. Da lassù le colline saranno davvero tutte vostre: le Langhe, il Tanaro, il Roero oltre il fiume, il più distante Monferrato, le montagne a perdita d’occhio. Durante la bella stagione, la terrazza si trasforma occasionalmente in location per aperitivi e degustazioni sotto le stelle.
Sosta Gourmet: regalatevi una bottiglia di Barbaresco all’Enoteca Regionale del Barbaresco, ospitata all’interno dell’ottocentesca ex confraternita di San Donato.

[photo credits: Dire Fare Mole]