Di tutte le festività che scandiscono il nostro calendario, Carnevale è la più multiforme. Giocosa e folle di natura, la festa di Carnevale – dal latino carnem levare, togliere la carne, con riferimento all’ ultimo banchetto del Martedì Grasso prima del digiuno Quaresimale – è stata negli ultimi anni messa in ombra dall’ anglosassone Halloween, altra ricorrenza dove il mascheramento è la regola. Un vero peccato, perché dietro ai bagordi carnevaleschi si nascondono tradizioni ancestrali che ci parlano di tempi lontani, delle nostre radici, di noi.
Oggi Dire Fare Mole sfoggia tutto il suo fiero campanilismo e vi porta alla riscoperta delle 50 sfumature di Carnevale (sabaude!) in un articolo a quattro mani scritto insieme ad Elisa di Serendipitsite – Viaggiare con Serendipità. E niente scherzi alle blogger, intesi?!
Così Gerolamo diventò Gianduja: Cosa lega Gerolamo e Girometta, pungenti burattini in voga nel XVII secolo, e le note maschere Gianduja e Giacometta? Semplice, sono la stessa cosa! Gli spettacolini con protagonisti Gerolamo e la moglie Girometta sono stati infatti fonte di ispirazione per Giovanni Battista Sales e Gioacchino Bellone, due giovani intraprendenti che agli inizi del 1800 diedero vita alla coppia più sabauda che ci sia (dopo Vittorio Emanuele II e la Bella Rosin, certo). Ma come nacque il nome Gianduja? La sua origine è a dir poco avventurosa: si narra che Sales e Bellone ricevettero minacce e addirittura la condanna a morte per l’utilizzo nei loro spettacoli del polemico burattino Gerolamo,considerato al tempo una figura satirica antinapoleonica a causa dell’omonimia con Gerolamo Bonaparte, fratello di Napoleone.
I due “soci in affari” sfuggirono alla pena rifugiandosi tra le colline del Monferrato, a Callianetto per la precisione, e proprio nella piccola frazione monferrina incontrarono lui, Gioann d’la doja, Giovanni del boccale, un contadino bonaccione e amante del buon vino che colpì la loro immaginazione. Così nacque Gianduja, la maschera piemontese per antonomasia, concepita come sovversiva e tramutatasi in innocua e goliardica. Il successo del nuovo personaggio divenne sempre più grande, tanto da riuscire a sfondare anche a Torino con una gloriosa rappresentazione datata 25 novembre 1808. Gianduja entrò dunque ufficialmente nella capitale sabauda, e la città si innamorò di lui. D’altra parte, ha un lato molto dolce: oltre ad aver dato il nome ai celebri gianduiotti, il nostro Gianduja ha ispirato le caramelle carnevalesche tipiche della nostra Regione, quelle cialde rotonde e simili al cristallo colorato incartate nell’ inconfondibile involucro ottagonale. Una delizia poco conosciuta al di fuori dei confini piemontesi ma che vale la pena di diffondere!
Un’efferata battaglia a suon di agrumi: Carnevale in Piemonte vuol dire anche arance. Succede ad Ivrea, sede di uno dei Carnevali storici d’Italia, manifestazione di rilevanza internazionale come da comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1956. La sfilata che culmina con la famosa (e a volte criticata visti i possibili risvolti “cruenti”) Battaglia delle Arance fra popolo a piedi e armate del feudatario sui carri è solo una minima parte di un evento di straordinaria unicità, che ha percorso i secoli portando con se’ una storia di liberazione e rivolta contro la tirannia, messaggio – purtroppo – sempre attuale.
I protagonisti della kermesse sono la Vezzosa Mugnaia detta anche Violetta, simbolo di libertà con la sua ribellione allo jus primae noctis imposto dal crudele feudatario a cui tagliò la testa, il Generale con il suo Stato Maggiore, il Sostituto Gran Cancelliere, il Podestà garante della libertà cittadina, il Corteo con le bandiere dei rioni rappresentati dagli Abbà ed i Pifferi e Tamburi. Altro elemento caratteristico del Carnevale eporediese è il Berretto Frigio, cappello rosso a forma di calza che rappresenta l’adesione ideale alla rivolta, indossato da cittadini e turisti a partire dal Giovedì Grasso; mi raccomando, se capitate in quel di Ivrea nei giorni di festeggiamento non scordate di portarlo … in caso contrario potreste finire nel mirino degli aranceri! Il calendario del Carnevale di Ivrea è scandito da un lungo e preciso cerimoniale che inizia il giorno dell’Epifania e si conclude con il Mercoledì delle Ceneri: lo potete consultare sul sito www.storicocarnevaleivrea.it, dove trovate le istruzioni e le tariffe per assistere alle battaglie, approfondimenti storici nonché l’elenco di tutte le Mugnaie – necessariamente eporediesi e sposate – dal 1858 ad oggi.
Spunta la Lunetta a Moncalieri: “Sponta ‘l sol e la lun-a, e la lun-a ‘d Moncalè; A fa ‘l ciàir a le tòte a la sèira ‘ndè a balè.” Dice così una spensierata canzone dialettale, invito alla danza e all’ amore per i giovani torinesi alla ricerca di avventure galanti. Questa canzone popolare non è solo tuttora conosciuta e canticchiata dagli anziani moncalieresi, ma è anche il motivo per cui il Carnevale a Moncalieri ha a che fare con la luna. Ma andiamo con ordine! Correva l’anno 1887 quando Girolamo Taddei propose all’ amministrazione comunale la realizzazione di un impianto di illuminazione elettrica nelle vie cittadine. Moncalieri anticipò la capitale Torino e fu così la prima città della provincia ad avere la sua illuminazione pubblica elettrica in tutto il suo centro storico: i fanali a gas vennero eliminati e tutto l’abitato collinare si illuminò. L’evento fu importantissimo per l’epoca e un noto compositore torinese Leone Sinigallia, compose una canzone popolare dal titolo Sponta ‘l sol e la lun-a, dove la luna rappresentava proprio l’illuminazione della città di Moncalieri.
Passano gli anni, è il 1966. Un gruppo di giovani non ancora maggiorenni decide di organizzare il Carnevale e da’ vita alla maschera che si ispira alla canzone ottocentesca: nasce così la Lunetta, che ogni anno viene incoronata e rimane in carica per tutto il Carnevale. La Lunetta, di giallo e blu vestita, è una ragazza moncalierese (no, non vale se non siete nate a Moncalieri) che rappresenta il Carnevale in città. Durante il periodo più divertente dell’anno, in compagnia delle sue damigelle, visita gli asili, le scuole, gli ospedali, i ricoveri per anziani, portando festa, doni e gioia e ovviamente bugie per tutti! Informazioni sul sito www.comune.moncalieri.to.it.
Testi: Federica De Benedictis| Dire Fare Mole (Gianduja, Storico Carnevale di Ivrea) – Elisa Midelio| Serendipitsite (Carnevale di Moncalieri).
Photo credits: Annalisa Mazzo, Turismo Torino e Provincia, Storico Carnevale di Ivrea, Comune di Moncalieri.
Ciao Federica! complimenti per il post, sono appassionata di tradizioni popolari e appena ho letto il titolo non me lo sono fatto scappare. E’ una bellissima cosa conoscere queste usanze dei propri luoghi e contribuire a farle conoscere 🙂
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Gentilissima Giulia, le nostre radici ci parlano ed è bene ascoltarle! Grazie da me e dalla co-autrice Elisa!
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Mi hai ricordato quando alla materna vennero Gianduja e Giacometta a distribuirci quelle caramelle lì. Non era altro che zucchero ma sprizzavo gioia ad ogni assaggio!
Comunque non conoscevo l’origine del nome, sai?
Alice
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Le caramelle Gianduja sono come le madeleine di Proust, ogni assaggio è un tuffo indietro nell’infanzia!
Io ho scoperto la storia di Gianduja solo di recente, grazie ad un libro molto carino che parla di curiosità legate a Torino, “Forse non tutti sanno che a Torino…” di Laura Fezia (Newton Compton Editori). Te lo consiglio! Un abbraccio, Fede.
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