Un’intervista…dall’altra parte della natura. Eric Minetto, il suo nuovo libro e la sua Scuola di Crescita Creativa Upaya

Cosa lega Torino, la pratica dello yoga, e Rainer Maria Rilke, uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX° secolo? La risposta è Eric Minetto.

Torinese, personalità poliedrica, Eric ha la scrittura nel DNA. Docente di scrittura creativa e storytelling presso la prestigiosa Scuola Holden, è autore di testi teatrali e di libri, come il suo ultimo volume intitolato “Dall’altra parte della natura – yoga e poesia in Rilke”, dove lo scrittore unisce il suo amore per la letteratura e quello per le discipline orientali. Dallo stesso amore è nata la sua Scuola di crescita creativa Upaya –parola sanscrita traducibile come “mezzi abili”– di cui ci parlerà in questa intervista.

E, come da tradizione, scopriremo un meraviglioso luogo del cuore cittadino, immerso nella natura (poteva essere altrimenti?), ed intriso di quella poesia di cui Torino è intessuta!

Dall'altra parte della natura
[photo credits: Eric Minetto]
Eric, il tuo excursus professionale è quanto mai variegato e denso. Raccontaci qualcosa di te, e di come è nata la tua Scuola di crescita creativa Upaya!

Ho insegnato per più di dieci anni scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Lì l’obiettivo è quello di imparare a scrivere libri, sceneggiature, copioni teatrali e più in generale ad acquisire abilità legate alla scrittura a 360 gradi. Lì la scrittura è il ‘fine’. Parallelamente coltivavo un percorso di crescita personale attraverso lo yoga e la meditazione. Un giorno, nel 2008, mi trovavo seduto su una panchina in collina, quando ho avuto un’intuizione: trasformare la scrittura da ‘fine’ in ‘mezzo’. Alla Scuola Upaya la scrittura è il mezzo attraverso cui si attiva un processo di conoscenza di sé e di crescita personale.

“Dall’altra parte della natura – yoga e poesia in Rilke” è il tuo ultimo libro, che sarà presentato al Circolo dei Lettori il 22 giugno (alle 18.30) e alla libreria Arethusa il 28 giugno (alle 18.30). Chi è l’Eric scrittore, e come concili questo aspetto con le tue diverse anime?

Nella vita per lo più trangugiamo di fretta il cibo, lo mastichiamo poco e dunque assimiliamo poco e male i principi nutritivi. Lo stesso vale per le nostre esperienze sul piano mentale, fisico ed emotivo. Divoriamo la vita e la espelliamo, ma in questo mordi e fuggi va perso l’atto più importante: il ‘far tesoro’ delle esperienze, l’assimilazione. La scrittura per me è il tempo prezioso in cui, invece di mordere vita nuova, mi dedico ad assimilare e a far tesoro di ciò ho già vissuto. In questo senso la scrittura diventa per me una pratica per onorare la vita e  non sprecare ciò che di prezioso mi dona ogni giorno. Come ha scritto Rilke: “Noi siamo le api dell’invisibile. Noi raccogliamo incessantemente il miele del visibile per accumularlo nel grande alveare d’oro dell’Invisibile.”

Hai insegnato storytelling e scrittura creativa dal 2001 al 2013. Cosa consiglieresti ai giovani ( e anche meno giovani) che vogliono coltivare la passione per la scrittura, con risvolti a livello professionale?

Le scuole di scrittura sono senz’altro utili nell’apprendimento delle tecniche  narrative, motivo per cui mi sentirei di consigliarle a un aspirante scrittore. Allo stesso tempo però, le scuole professionalizzanti sottopongono i giovani a forti pressioni psicologiche, al confronto, alla competizione e all’assorbimento di modelli e format narrativi che non sempre si adattano allo stile spontaneo dello scrittore, e che possono almeno inizialmenteallontanarlo dalla sua autenticità. Il consiglio è quindi quello di affiancare alle scuole di scrittura un percorso di crescita personale che aiuti chi intraprende questa strada a mantenere un contatto saldo e genuino con la propria ‘voce’ interiore.

Eric e Torino: qual è il tuo luogo del cuore?

Uno dei miei luoghi torinesi del cuore si trova in collina ed è un sentiero del Parco della Rimembranza. La prima parte è in salita, mentre la percorro sento che il mio corpo poco a poco si scioglie e si libera delle tensioni accumulate. Quando arrivo in cima, al monumento della Vittoria, lo sguardo si dilata aprendosi sul panorama di Torino e delle Alpi innevate da un lato, e sulla Basilica di Superga dall’altro. Il resto è discesa, felicità nei polpacci e nel respiro. Il premio finale è il passaggio attraverso una slanciata famiglia di betulle dalla corteccia bianchissima. La passeggiata è finita, e anche il mio cuore si sente più bianco.

www.upaya.it

upaya
[photo credits: Eric Minetto]
 

 

 

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