Se c’è un posto a Torino dove sembra che le lancette del tempo si siano fermate, quello è piazza Carignano.
E’ stupefacente come in uno spazio così minuto convivano tanti edifici importanti. Arrivando da via Accademia delle Scienze e lasciando alle spalle il Museo Egizio, il nostro occhio viene subito colpito da un elemento insolito per una città dall’ architettura regolare come Torino. Sinuoso, in mattoni in cotto, imponente ma morbido, Palazzo Carignano ci porge il benvenuto con tutta la carica magnetica della sua storia. Ci troviamo al cospetto di uno dei simboli sabaudi per eccellenza: sormontato da una targa che recita “Qui nacque Vittorio Emanuele II”, il palazzo ha dato i natali non solo al primo re d’ Italia e a suo padre Carlo Alberto, bensì all’ Italia stessa. Dentro le sue auliche stanze erano ospitate la Camera dei Deputati del primo Parlamento del Regno d’ Italia, dal 1861 al 1864, e la sua “antenata” Camera del Parlamento Subalpino. Entrambe le possiamo ammirare tutt’ ora, la seconda pressoché intatta, con gli scranni dei deputati più noti – da Cavour a Garibaldi passando per d’ Azeglio e Balbo – contrassegnati da una coccarda tricolore, la prima mai utilizzata. Ebbene sì, cari lettori, i deputati del Regno d’ Italia non si riunirono mai in questa sala; all’ epoca era in fase di ristrutturazione, risultata troppo stretta per il numero di persone che doveva contenere. Dove si riunivano quindi i nostri primi deputati? Nel cortile del palazzo, in un’ aula provvisoria poi smantellata dopo il trasferimento della capitale a Firenze.
Residenza dei principi fino a quando Carlo Alberto la destinò all’ uso pubblico, la portata simbolica legata al periodo unitario ha fatto sì che Palazzo Carignano divenisse sede definitiva del Museo del Risorgimento nel 1938, dopo diversi cambi di domicilio fra cui la Mole stessa. Consiglio una visita all’ esposizione museale, resa ancor più bella dopo il rinnovo degli allestimenti datato 2011, così come agli appartamenti dei piani nobiliari, che ci rammentano che ci troviamo pur sempre all’ interno di una Residenza Reale! Una Residenza a due facce: la facciata posteriore, rivolta verso piazza Carlo Alberto, è totalmente diversa sia come stile che come periodo di edificazione, frutto di un ampliamento avvenuto a fine ‘800. Stucco rosa, pietra bianca, impianto e forme regolari, la facciata nuova ha delineato anche un nuovo assetto per quella parte della città, visto che lo spazio dove fu costruita piazza Carlo Alberto era occupato dall’ antico giardino di Palazzo Carignano. Strano a pensarci ora, vero?

Torniamo in piazza Carignano, perché se è vero che il palazzo è il suo punto focale d’ interesse, è altrettanto vero che ci sono altri elementi che meritano di essere menzionati e celebrati. A cominciare da due istituzioni nel campo della cucina torinese. Sto parlando del Ristorante del Cambio e della Gelateria Pepino.
Il Cambio fa parte dell’ elenco dei Locali Storici d’ Italia e la sua nascita è intrecciata con quella dell’ adiacente Teatro Carignano. Al loro posto c’ era fino al XVIII secolo il cosiddetto Trincotto Rosso, stadio rettangolare dalle pareti rosse dove venivano disputate le partite di Pallacorda, o Trincot. All’ acquisizione del terreno da parte dei Carignano, venne edificato al posto del Trincotto un primo teatro in legno noto come Teatro di Sua Altezza Serenissima il Signor Principe di Carignano, ricostruito in muratura qualche decennio dopo su progetto di Benedetto Alfieri. I palazzi attorno iniziarono a sorgere verso il 1750 e si presume che l’ allora Caffè del Cambio vide la luce in quel periodo con la funzione di bottega del caffè per gli avventori del Teatro. La prima volta che lo troviamo citato in un documento è però il 1790, in una supplica del proprietario Lorenzo Gazzola “acquavitario e confettiere della Bottega detta del Cambio”, che richiedeva di lasciare alla moglie Margherita la gestione dell’attività al momento della sua morte. Nei secoli il Cambio è divenuto sempre più grande, più riccamente decorato, prestigioso luogo di incontro di nobili, letterati e politici, uno fra tutti il nostro beneamato (e ghiotto) Cavour che qui ha una sala che porta ancora il suo nome. Certo, una cena al Cambio non è per tutte le tasche, però potete concedervi un lusso accessibile prendendo una cioccolata calda e una fetta di Torta 1757 presso la vicina Farmacia del Cambio, locale molto amato dai giovani sabaudi così come il Bar Cavour, esclusivo cocktail bar posto sotto il ristorante.
Per finire, giusto in mezzo alla piazza, ecco il suo custode, silenzioso osservatore di scolaresche in gita, baci fra innamorati e selfie con Pinguini alla mano. E’ la statua di Vincenzo Gioberti, patriota e primo presidente della Camera dei Deputati del Regno di Sardegna, che svetta con eleganza sulla piazza intera. Chissà quante storie sono transitate sotto i suoi occhi di marmo, quanti passi, quanta vita. E quante persone perderanno ancora la testa per questo angolo magico di Torino, come è successo a me.
Adoro questa piazza e già dai tempi dell’università, quando da Porta Nuova a Palazzo Nuovo si cercavano le strade più brevi per arrivare in tempo alle lezioni, a me piaceva passare per via Lagrange e per Piazza Carignano. Ma i pellerossa, quelli non li avevo mai notati! La prossima volta ci farò caso 😉
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Ciao Silvia, i pellerossa non li avevo mai notati nemmeno io fino all’ anno scorso, quando una guida mi ha svelato l’ arcano durante un tour sui misteri di Torino 🙂 Quante cose nasconde questa città!
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