“Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi”: quando e come nasce la cucina sabauda

L’ultimo articolo dell’anno, amici sabaudi, lo dedico a una delle mie passioni: la cucina piemontese. Una passione che vivo come consumatrice ovvero divoratrice e non come provetta cuoca, ma c’è sempre tempo per imparare e passare all’ azione fra i fornelli (almeno così dicono).

Le festività natalizie stanno mettendo a dura prova il girovita e la digestione di tutti noi, quindi intuisco il vostro attuale pensiero che potrebbe corrispondere ad uno sconsolato “Ancora cibo? Pietà, cambiamo discorso!”. Ma come si fa a dire di no alla sontuosa e gustosa bellezza delle ricette tipiche della nostra Regione? La gastronomia del Piemonte è una delle più rinomate d’Italia. Piatti come il vitello tonnato, la bagna cauda, il fritto misto, il bunet sono diffusi, celebrati e amati un po’ ovunque. Ma forse non tutti sanno che la tradizione gastronomica della nostra Regione nasce da … un libro.

bunet

Il suo titolo è “Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi”. Venne pubblicato a Torino nel 1776, al tempo di Vittorio Amedeo III di Savoia, ed ebbe numerose successive ristampe visto l’enorme successo riscosso. Suddiviso in tre capitoli chiamati Doveri del maestro di Casa, Spiegazione per ordine alfabetico dei vari utensili di cucina, Istruzioni per ciascheduna stagione, è considerato il volume che pose le basi della cucina locale. Una domanda è ora più che lecita: chi era questo cuoco piemontese? Il suo nome non ci è pervenuto, alcuni frammenti della sua storia si: cuoco professionista, partì dall’ allora capitale del regno sabaudo alla volta di Parigi, città regina della novelle cuisine. Qui, il misterioso personaggio apprese i segreti dell’arte culinaria francese, fondata sui concetti di leggerezza, raffinatezza, equilibrio, dosaggio, armonia. Niente più spezie preponderanti, bando ai sapori dolci e salati insieme, ma gusti ben netti e meno elaborati. Meno forma, e più sostanza.

Finito il periodo di formazione, il cuoco rientrò a Torino, dove iniziò a mettere in pratica i trucchi imparati in terra d’oltralpe. Per fare ciò, compì un fenomenale e a tratti faticoso lavoro di rielaborazione delle ricette francesi, eliminando quelle troppo lontane dalle usanze locali o semplicemente irrealizzabili sul posto. Sostituì, dove possibile, gli ingredienti originali con altri, facili da reperire e adatti al gusto piemontese: il vino bianco rimpiazzò lo champagne, le varietà di cipolle d’Ivrea e i cardi di Chieri furono prediletti, i tartufi neri del Périgord vennero accantonati a favore dei nostrani – e buonissimi – tartufi bianchi. Un esempio di menù dei tempi? Ecco cosa ci consiglia il cuoco: “Due minestre: guarnita di cocomeri e minestra di coste col sugo collato di piselli verdi… quattro hors d’oeuvre: piedi di montone fracassati, nocetta di vitello nella cascia di carta, pasticci piccoli, melloni…”. Un modo di mangiare sicuramente lontano dalle nostre abitudini alimentari, ma dotato di un certo fascino.

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Fu soprattutto l’ attenzione posta sui prodotti regionali a fare la differenza, segnando una sorta di pietra miliare nella storia della gastronomia piemontese e italiana in generale. L’accento sui particolarismi locali era una novità, e si può azzardare a dire che l’anonimo cuoco fu quasi un precursore dei moderni movimenti legati alla filiera corta, Slow Food in testa. Da allora, la tradizione culinaria sabauda ha conquistato un posto in primo piano nel panorama italiano, in un crescendo di consensi che culmina ai giorni nostri nelle agognate stelle della Guida Michelin. Il Piemonte vanta attualmente ben 39 ristoranti stellati, di cui 4 situati a Torino (Il Cambio, Casa Vicina Eataly Lingotto, Magorabin e Vintage 1977) e 5 in provincia (Combal.zero a Rivoli, Dolce Stil Novo a Venaria Reale, Gardenia a Caluso, La Credenza a San Maurizio Canavese, Zappatori a Pinerolo). Sono certa che l’ anonimo cuoco piemontese sarebbe fiero dei suoi successori 2.0, custodi della miglior tradizione culinaria delle nostre terre.

A proposito di Slow Food, nella sua sezione dedicata all’ editoria trovate questa antica chicca.“Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi” è infatti inserito nella collana AsSaggi. Se volete cimentarvi con le sue ricette, lo potete acquistare al link www.slowfoodeditore.it/it/assaggi/il-cuoco-piemontese-perfezionato-a-parigi. E fatemi sapere come ve la cavate!

[photo credits: Dire Fare Mole, Comune di Torino]

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