Toret verdi disseminati per la città, lo stemma rappresentante un toro rampante, il Toro FC (e non me ne vogliano gli juventini): se dovessi trovare un simbolo di Torino, accanto alla Mole non potrei che indicare lui.
Il possente animale è onnipresente nei nostri luoghi sabaudi, e anche nella radice del nome stesso di Torino.
Che quindi significa “città dei tori”? Sbagliato! La più probabile fonte storica sull’origine del nome è collegata alla presenza sul territorio del popolo dei Taurini, tribù celto-ligure stanziale che nel II secolo a.c. occupò la valle del Po piemontese; secondo lo storico greco Polibio, i Taurini stabilirono il loro centro principale nella zona fra il Po e la Dora Riparia, corrispondente all’attuale Vanchiglietta ma allora denominata Taurasia.
Taurini, Taurasia, Agusta Taurinorum come colonia romana voluta da Giulio Cesare, quindi nei secoli Torino: ma il toro dove sta? Da nessuna parte, infatti la radice indoeuropea taur è legata al greco oros cioè montagna, al sanscrito sthur , massiccio o robusto, ed anche alla parola celtica thor, che significa…monte (e non dio del tuono in questo caso, nemmeno supereroe stra-muscoloso e stra-biondo della Marvel).
Insomma, noi torinesi siamo gente di montagna in tutto e per tutto stando all’etimologia, il che è anche vero, ma il nostro animale totemico ci è ormai entrato nel DNA, quindi…noi abbiamo il toro, e guai a chi ce lo tocca, per dirla un po’alla Napoleone Bonaparte. L’unico toro che a tutti è consentito “toccare” è quello rappresentato nella pavimentazione sotto i portici di piazza San Carlo, di fronte all’omonimo caffè: la tradizione dice che calpestare (gentilmente!) una certa parte del corpo di questa sagoma di ottone sia di buon auspicio.