In questo articolo, il primo della mia #DireFareContributor super sportiva Flavia Chiarelli dalla Valsusa con furore che vi ho presentato qui qualche settimana fa, ci sono diverse cose che adoro. La natura, la sabaudità, il perseguire un obiettivo con tutte le forze e tutto il cuore, le citazioni di Forrest Gump (no, lo sport non lo adoro invece, per quello c’è Flavia in squadra a fare le mie veci!). Per il suo esordio nella Dire Fare Community Flavia ha scelto di presentarci una persona speciale sotto molti punti di vista: Oliviero Alotto, runner torinese e fiduciario Slow Food con tanti progetti alle spalle e tanta strada da percorrere davanti a lui, in tutti i sensi. Passate a conoscerlo e seguite attentamente la sua avventura che inizierà il 25 luglio con il viaggio verso il Deserto del Gobi, dove andrà a correre la Gobi March a sostegno dell’iniziativa #RunBefore2050.
Federica| Dire Fare Mole
Da alcuni anni mi occupo di sport marketing e nel mio lavoro incontro numerose persone che hanno scelto di coniugare un’attività professionale con una passione di tipo sportivo.
Una di queste persone è Oliviero Alotto, 36 anni, nato e cresciuto a Torino, da sempre animato da un grande amore per questa città, che percorre ogni giorno di corsa o in sella alla sua bici.
Oliviero Alotto è un eco-runner e dalla prima volta che l’ho incontrato ho avuto la sensazione fortissima di trovarmi di fronte ad un Forrest Gump dei nostri giorni: il muoversi a piedi, correndo, è il suo mezzo per arrivare ad un grande obiettivo. La corsa è lo strumento che Oliviero utilizza per sensibilizzare le persone che decidono di seguirlo nei confronti dell’ambiente attraverso un gesto quotidiano che si trasforma nella cura del nostro pianeta.
Andiamo a conoscerlo più da vicino!
Ti conosco come una persona estremamente versatile: nella tua carriera hai spaziato da importanti progetti sul sociale all’impegno per l’ambiente, passando anche per la politica. Oggi le tue principali passioni ruotano intorno a tre temi principali: corsa, cibo e ambiente. Il tuo lavoro e la tua persona stanno nell’intersezione tra questi tre mondi, che ti impegni ogni giorno a tenere insieme grazie a diverse attività. Potremmo definirti per sintesi un eco-runner, ma…
Se dovessi dare da te una definizione più “ personale”, chi è oggi Oliviero?
Credo di essere prima di tutto un cittadino consapevole, consapevole che questo mondo così com’è non mi piace e voglio contribuire a migliorarlo.
Non amo e non mi appartiene chi critica e guarda dalla finestra, ma ho sempre amato muovermi e sono convinto che si debba fare prima di criticare.
Questo sono io: una persona entusiasta che veicola il suo entusiasmo. Lo sport è divenuto un veicolo importante per raccontare il mondo dal mio punto di vista e sensibilizzare le persone a svolgere tutti insieme questo cambiamento oramai necessario.
Come è stata la tua infanzia?
Se penso alla mia infanzia penso prima di tutto allo scoutismo, all’amore che i miei genitori mi hanno trasmesso per il bello, per l’arte.
Mio padre è un attore, sono nato e cresciuto nei teatri: ma in me ha sempre convissuto questo amore per gli sport, nel senso più ampio del termine.
Non ho mai praticato una disciplina come agonismo: ho sempre privilegiato la scoperta di qualcosa di nuovo grazie all’approccio della mia mamma di farmi vivere mille esperienze, dallo sport allo scoutismo.
Oliviero è stato un bambino di città o la montagna è stata da subito presente nella tua vita?
C’è sempre stata anche la montagna, la vita all’aria aperta, ricordo però che, sin da bambino, ho sempre provato amore e ammirazione per le città, la città , la “ mia” città.
Dire Fare Mole, il blog che ospita questa intervista, ruota intorno alle bellezze e alle eccellenze di Torino del Piemonte.
Oggi Torino è la tua città e l’amore per questa si percepisce in tutte le iniziative che porti avanti su questo territorio.
Cosa ti piace del vivere a Torino?
Di Torino amo profondamente la sabaudità.
Amo torino nel suo profondo, le piazze, i locali, i torinesi e, da profondo torinese, quale mi sento, odio tutto questo e sono sempre pronto a criticarlo, per poi non poterne fare a meno.
Amo l’eccellenza che sanno esprimere gli artigiani torinesi, e la loro assoluta incapacità a raccontarla, amo l’understatement tipico sabaudo, che non rinuncia alla la convinzione di essere sempre i più grandi, senza volerlo ostentare.
Amo perdermi per Torino, entrare nei negozi che non conosco ed essere trattato male le prime 20 volte che entro, per poi, da un momento all’altro, sentirmi a casa. Amo quella cortesia tutta torinese, che per molti è falsità mentre per noi è solo un profondo rispetto di chi abbiamo davanti.
Amo sapere che abbiamo i locali più belli d’Italia e meno gridati.
Amo Parigi e la Francia, cosa c’entra?
Se ve lo state chiedendo, non siete veri Torinesi.
Cosa invece secondo te la tiene indietro e potrebbe migliorare, anche con l’impegno di tutti noi?
Tutto quello che ho detto prima.
Torno a ripetermi ma dovremmo avere la capacità di parlare leggermente di più della meraviglia che abbiamo, se lo facessimo perderemmo però la “Torinesità”.
Sento come un ostacolo la difficoltà di riuscire a fare qualcosa a Torino, vorrei una città più Europea ma poi non l’ amerei quanto la amo adesso.
Vorrei la vivacità di torino 2006, ma voi vi immaginate un Torinese sopportare quel movimento per più di 15 giorni? Io proprio no! ( e ride!)
Oliviero era un bambino sportivo oppure no?
Si, ma non pensava che lo sport sarebbe diventata una parte importante della sua vita.
Qual è stato il primo sport che hai praticato?
Il nuoto.
E come sei arrivato alla corsa e poi alle durissime ultra run? Qual è stato l’attimo della “scintilla” in cui hai capito che avresti vissuto correndo (un pò come…Forrest Gump!)
“Corsi attraverso tutta l’Alabama, e non so proprio perché continuai a andare. Corsi fino all’oceano, e una volta lì mi dissi: visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre….quando avevo sonno dormivo quando avevo fame mangiavo” citando Forrest Gump.
In fin dei conti l’ultra run è racchiuso in queste parole di Forrest Gump, noi siamo narrati e ci piace narrarci come esseri sociali.
Siamo al tempo stesso anche esseri in movimento, capaci di andare avanti e superare i nostri limiti, come quello di di correre sempre più a lungo grazie allo sviluppo della resilienza.
Il segreto sta tutto nel volerlo fare e nello scavare dentro di noi.
Raccontaci la tua prima Ultra: che ricordi e sensazioni ti ha lasciato?
La prima volta che ho superato i 42 km è stata la Val Maira Sky Marathon, esattamente come tutte le altre ultra che ho fatto, sono arrivato al fondo non tanto stanco e super felice, per cui ho pensato: “bene! adesso allunghiamo un po’”.
Torniamo per un attimo in città: quali sono i luoghi in cui ami correre a Torino e dintorni?
Adoro il Valentino, la Pellerina e il Parco Dora.
Con il cuore e le gambe sono spesso in giro per la collina nei meravigliosi sentieri
Vivo in zona Gran Madre perciò ogni mattina, prima dell’alba, esco in giro per la città e assaporo correndo le vie del centro, ancora deserte.
Consigliaci qualche itinerario, anche semplice, per iniziare a scoprire la città in corsa!
Quello che ho fatto stamattina.
Partenza dalla Gran Madre, Lungo Po fino a Corso Vittorio, poi Via della Rocca via nobile, austera e senza negozi, poi la sfavillante Via Roma fino al salotto buono di Piazza San Carlo, la meravigliosa Piazza Carlina, i portici di Via Po per fare poi ritorno in Piazza Vittorio.
I tuoi progetti sono molto ambiziosi: in questi anni stai portando avanti una campagna di sensibilizzazione a favore dell’ambiente, #RunBefore2050 che si fonda sui danni provocati dal surriscaldamento climatico, di cui tutti siamo quotidianamente responsabili.
Ce la descrivi in poche parole?
Nel mio girare il mondo e parlare di cambiamenti climatici, ho ho avuto la sensazione che uno dei motivi per cui non ci occupiamo di quello che sta succedendo è il non avere coscienza di dove incidono i cambiamenti climatici.
Quelli che sembrano luoghi lontani sono in realtà paesi e territori che non conosciamo e ai quali ci permettiamo di arrecare danni, perché non ne vediamo gli effetti.
Da qui scaturisce la mia necessità di utilizzare la narrazione di questo fenomeno: oggi l’urgenza è raccontare quei luoghi e io lo voglio fare attraverso la corsa e la cultura, correre in luoghi remoti per parlare degli effetti dei cambiamenti climatici.
Quanto conta il ruolo della tua città e l’impegno delle aziende e delle realtà locali con cui scegli di collaborare, nel successo di questa campagna?
Conta tantissimo, sono sempre più convinto che si debba girare il mondo per essere contaminati dalle culture lontane, ma poi si deve avere la capacità di costruire economie locali e sostenibili.
Sappiamo che sei fiduciario di Slow Food per la condotta di Torino: cosa significa questo per te e per i tuoi progetti di vita e lavoro?
Oggi l’agricoltura e il cibo sono un indotto fondamentale dell’economia di Torino, e di tutta l’Italia. A me piace raccontare quello che fanno i piccoli produttori, narrare le loro storie ed utilizzare il gusto come senso per godere e stare bene, senza mai dimenticare tutto ciò che sta dietro a questa bellezza.
Facciamo un gioco. Immagina di ricevere una visita di un amico/a lontano/a a cui tieni molto: non è mai stato in piemonte e non ha ancora visitato Torino. Se dovessimo costruire un itinerario ideale della giornata, dove lo condurresti?
Una bella passeggiata per il centro di Torino attraverso l’assaggio di tre specialità:
il caffè il cioccolato e un gelato.
Poi a seguire un buon pranzo leggero e una salita ai Monti dei Cappuccini, una merenda magari con due bignole, aperitivo e poi una cena.
Dopo la Groenlandia, ti stai per dirigere nel deserto della Mongolia: il 28 luglio partirai infatti per la Gobi March, una durissima corsa a tappe per 250 Km nel deserto del Gobi.
Cosa ti spinge a scegliere questo tipo di imprese? Raccontaci se ti va come ti stai preparando….
Ogni giorno mi sveglio e corro, vado in bici e cerco di mangiare come farò nel deserto: quindi tanta frutta secca, riso. Corro sempre con lo zaino, sfrutto tutti i momenti liberi per correre se devo andare fuori torino ci vado in bici.
Mi muovo tanto, quotidianamente, abbinando allenamenti diversi e sport anche diversi ma di resistenza.
Se oggi dovessi riassumere in poche parole “ perchè fai quello che fai” e che messaggio vorresti trasmettere ai nostri lettori?
Se lo faccio io potete farlo tutti, non per forza attraverso la corsa ma tutti potete fare la vostra parte.
Scegliete un messaggio, datevi un obiettivo e portatelo avanti, senza farvi spaventare da nulla, ognuno nel proprio ambito: il vostro lavoro, la gestione quotidiana della casa, lo sport, il viaggio. La fatica è fatica sempre e ovunque la si faccia.
Ecco dove possiamo seguire le avventure di Oliviero, in partenza il 25 Luglio per il Deserto del Gobi:
Il suo blog: www.olivieroalotto.it
Facebook: Oliviero Alotto
Instagram: Oliviero Alotto
Grazie e in bocca al lupo per il tuo viaggio di vita e di corsa!
Flavia Chiarelli| Dire Fare Contributor
[photo credits: Alessandro Ghiglione, Massimo Pinca]